Il 29 novembre l’iniziativa contro i commerci bellici verrà sottoposta a voto popolare. Nel Canton Ticino è stato fondato un comitato trasversale a sostegno del SÌ. L’iniziativa è ritenuta facilmente attuabile e necessaria per porre fine agli investimenti nei produttori internazionali di materiale bellico. La Chiesa Evangelica Riformata nel Ticino, diversi partiti, così come il movimento Sciopero per il clima, il SISA e il Gruppo per una Svizzera senza Esercito fanno parte del comitato.

Ogni anno decine di migliaia di persone muoiono in guerre e conflitti armati. Altri milioni di persone sono ferite, traumatizzate e/o costrette alla fuga. Allo stesso tempo, il settore bellico, anche in tempo di COVID-19, continua a registrare utili miliardari e per questo beneficia di importanti investimenti provenienti da tutto il globo. Anche miliardi di franchi svizzeri confluiscono in questo sanguinoso affare. Solo nel 2018 la Banca nazionale svizzera ha investito 1,3 miliardi di dollari USA in aziende che producono armi nucleari; un business della morte che vede coinvolte pure le banche svizzere e le nostre casse pensioni. Il denaro svizzero finanzia così le guerre mondiali. L’iniziativa contro i commerci bellici vuole quindi garantire che il denaro svizzero non sia più destinato a finanziare i produttori di materiale bellico. In quanto Paese ricco e con una delle più grandi piazze finanziarie del mondo, la Svizzera ha una responsabilità così come una certa politica di neutralità e di promozione della pace che vengono compromesse ogni qualvolta viene permesso alle nostre istituzioni finanziarie di trarre profitto da questo business sanguinario.

In Ticino, un comitato trasversale sostiene l’iniziativa e raccomanda di votare SÌ il 29 novembre: il sostegno va dalla Chiesa Evangelica Riformata nel Ticino a movimenti quali lo Sciopero per il clima o il SISA, ma anche i partiti del PS, I Verdi, PC, POP, Forum Alternativo, nonché i rispettivi partiti giovanili.

Greta Gysin, Consigliera nazionale per I Verdi del Ticino, afferma: «Non possiamo accettare che i soldi nelle nostre casse pensioni finanzino l’industria bellica internazionale. Già oggi diverse casse pensioni rinunciano a questi investimenti privilegiandone di più sostenibili, senza alcuna perdita di utile. Questo mostra che l’iniziativa è attuabile senza problemi, contrariamente a quanto paventato dai contrari.»

Giulia Bucciarelli Stocker, la Vicepresidente del Sinodo della Chiesa Evangelica Riformata nel Ticino, commenta così il loro sostegno all’iniziativa: «Milioni di persone nel mondo fuggono dai conflitti attuali o dalle conseguenze di quelli passati; guerre che l’industria bellica alimenta con la fornitura di armi. È giunto il momento di assumerci le nostre responsabilità, promuoviamo la pace, sosteniamo l’iniziativa». La segreteria politica del Gruppo per una Svizzera senza Esercito, nonché copresidente del PS Ticino, Laura Riget aggiunge: «Questi investimenti nei produttori internazionali di armi contraddicono la nostra tradizione umanitaria di paese neutrale, nuocendo al nostro impegno per i diritti umani e il promuovimento della pace».

Anche tra i giovani il sostegno all’iniziativa è diffuso. Sarah Sbabo, coordinatrice del Sindacato Indipendente Studenti e Apprendisti, spiega il perché del loro sostegno: «Invece di finanziare le guerre nel mondo, le istituzioni pubbliche dovrebbero investire in ambiti strategici per il futuro del Paese, primo fra tutti l’istruzione pubblica». Infine la co-coordinatrice delle Giovani Verdi Ticino, Giulia Petralli, ribadisce la determinazione degli iniziativisti in vista del voto popolare: «Daremo tutto per raggiungere un Sì all’iniziativa contro i commerci bellici nel Canton Ticino.»